si cambieranno le conseguenze.
e la mente di nuove prospettive.
cambiando la mentalità.
Il percorso interiore per cambiare
se stessi e rinascere
Monica Germani Nutrizionista
Meta Experience: Il percorso interiore per cambiare se stessi e rinascere.
Introduzione
Parlare del rapporto che intercorre fra l’uomo e il cibo, significa immergersi nella storia, nel costume, nell’ antropologia, finanche nelle religiosità dell’umanità. Perché il cibo fa parte a pieno titolo della cultura umana. Fonte di vita, evoluzione e sussistenza dell’intera specie. Monica Germani.
Dall’Homo Erectus, che per primo fece un uso controllato del fuoco, per cuocere il pescato, alla transizione dall’uomo cacciatore/raccoglitore nomade, all’uomo agricoltore/pastore stanziale, che andrà a costituire i primi insediamenti stabili.
Dall’unico pasto quotidiano degli spartiati, il brodo nero, alle pesche, portate qui per la prima volta durante le campagne militari di Alessandro Magno in Oriente. Dall’ostentazione dei cibi esotici nei convivi romani, dove il pepe dell’India poteva speziare solo i piatti degli Imperatori, fino al cibo offerto agli Dei nei riti religiosi, emblema sacro del legame fra umano e divino.
Dai popoli mediterranei, definiti tali dalla comune cultura della coltivazione della triade dell’ulivo, della vite e dei cereali; alla scoperta del nuovo continente e delle sue colture. La disponibilità del cibo in ogni secolo ha sempre decretato quanto una civiltà potesse crescere, prosperare ed espandersi.
I nostri legami con il cibo e quanto questo abbia direttamente influito nelle nostre scelte e nel nostro sviluppo evolutivo, storico, antropologico e sociale, è un aspetto che si tende a sminuire o a non comprendere nella sua interezza.
Ma come esiste un rapporto simbiotico fra cibo e civiltà, fondato sulla cultura, esiste allo stesso tempo un rapporto diretto fra singolo individuo e cibo, che è sempre di natura culturale.
Il lavoro della Dottoressa Monica Germani si focalizza nel curare le disfunzioni legate al rapporto fra il cibo e l’individuo nella società odierna.
L’approccio innovativo che ha introdotto nel campo della nutrizione italiana, è utilizzare uno spettro d’indagine a più chiavi interpretative, nell’analizzare il singolo caso, dando pari dignità ad ogni scienza applicata alla risoluzione di questo rapporto.
COSA E’ UNA DIETA.
Il primo passo per accogliere nella propria vita una dieta è capire cosa sia una dieta. Monica Germani.
Il primo passo per accogliere (noi scegliamo questo termine) una dieta nella propria vita, è capire cosa significhi. Anche qui stiamo parlando di un aspetto che riguarda la cultura dell’individuo e l’interpretazione che si è data a un termine nei secoli. Il cambiamento del significato attribuito al concetto, dipende da come tale termine è stato comunicato e socialmente legittimato, appreso e tramandato nel tempo.
Nell’antichità, dieta, non è una “restrizione calorica” ma significa uno “stile di vita” coerente con un obbiettivo o una funzione.
Un pastore che doveva transumare il pascolo per mesi, un soldato che doveva raggiungere a piedi a tappe forzate una città, un contadino che doveva lavorare con le braccia la terra o un atleta olimpico, seguivano tutti una dieta, ossia uno stile di vita diverso. Che comprendeva quantità e qualità di alimenti diversi. Funzionale alla vita che dovevano svolgere.
Per svolgere tali attività, erano necessarie energie, qualità e benefici diversi dal cibo.
Queste energie e queste qualità dovevano essere garantite da ciò che si mangiava. Ossia, la “dieta” lo stile di vita, comprendeva quei nutrienti che rendevano possibile espletare tali compiti nel migliore dei modi possibili, avendo le energie necessarie.
Il “cosa devo compiere”, il “quale sforzo devo affrontare” determinava logicamente il “cosa devo mangiare per poterlo adempiere”. Il cibo, in un rapporto sano, antico e se vogliamo “naturale”, è la quantità di energia ingerita e necessaria per poter compiere adeguatamente un lavoro.
Ma allora perché la “dieta” nell’antichità è uno “stile di vita”?
Prendiamo il caso del soldato della marcia forzata: nell’antichità, per percorrere 145 km in 2 giorni e 2 notti, dormendo meno di 10 ore, trasportando armi e utensili per 15/20 kg sulle spalle, non bastava essere sazi. Avere ingerito le energie sufficienti alla sforzo era il minimo. Bisognava avere un fisico sano e forte, ossia allenato e in grado di adempiere tale compito.
Ecco quindi, che la dieta nell’antichità è “uno stile di vita” che prevede – un’alimentazione adeguata alla funzione che si deve svolgere-, unita al mantenimento, attraverso l’esercizio fisico, di un corpo sano in grado di compierla con efficienza.
Se l’energia non è sufficiente e l’esercizio fisico non adeguato allo sforzo, il lavoro si dovrà compiere ugualmente, ma si entrerà in grande sofferenza mentale e fisica.
Dunque, in base alla vita che si conduceva ed agli impegni che si dovevano onorare, ci si nutriva adeguatamente allo scopo. Ma era l’obbiettivo, ossia la funzione da assolvere, che determinava sia ciò che si mangiava e sia quali esercizi svolgere per mantenersi in forma e pronti.
Nella modernità, rispetto al passato, abbiamo completamente travisato e dimenticato lo scopo. Fattore che fa ancora più riflettere; le antiche popolazioni erano in grado di eseguire lavori e attività, fisicamente estenuanti, per i canoni odierni, ma normali ai tempi, cibandosi solo di alimenti naturali e molto più frugali e poveri di quelli oggi a nostra disposizione.
Una dieta nell’antichità è quindi, “uno stile di vita” che non comprende solo l’alimentazione, ma anche l’esercizio fisico necessario ad adempiere perfettamente una specifica funzione sociale.